“Passato remoto del verbo correre“… no, non è una lezione di grammatica, bensì è quello che si legge molto spesso in giro, nei Social e non.
E’ senz’altro positivo questo scambio di informazioni utili nel mondo della caffetteria, e si sta espandendo in modo esponenziale: io faccio il corso a due persone, poi ognuno di loro andrà a farlo ad altri due, e via così, un po’ come il network marketing… ma analizziamo questo fenomeno: da dove nasce, situazione attuale, e soprattutto il futuro.
Da dove nasce non è semplice dirlo, se lo si vede dal punto di vista delle motivazioni che spingono una persona ad iniziare questo percorso posso portare la mia esperienza: pessimo studente, ho capito l’importanza della formazione quando ho voluto fare bene delle cose che mi interessavano (non parliamo ancora di caffè), ed ho visto che i risultati venivano, la cosa funzionava ed iniziava a prendermi sempre di più, alla fine sono caduto nel “girone” del ché perder tempo a chi più sa più spiace… ah, a saperlo prima, quanti anni buttati a scuola! Tutto ruota intorno agli stimoli, qualcuno lo dica al Ministro dell’Istruzione.
Per gli altri due punti mi basta ripetere quello di cui ero già sicuro agli inizi del 2014, quando ero Coordinatore dei Soci SCA(E) Italia… memorabile una battuta scambiata con l’amica e giornalista Nadia Rossi “sembra ci siano più trainer che baristi bravi”.
I Trainer, molto spesso baristi (ex o ancora in attività), si dividono in: certificati, da diverse associazioni come SCA, AICAF, INEI, AIBES, o da aziende importanti, già strutturate con scuole e accademie proprie; autodidatti, quindi non ancora certificati ma spesso hanno già frequentato dei corsi, in rari casi non sono passati attraverso corsi.
Piccolo inciso: dal mio punto di vista, la Certificazione ha tanto più valore quanto più è affidabile, riconosciuto e serio l’ente/associazione che lo ha rilasciato.
A loro volta i formatori sono strutturati in:
a) scuole o accademie personali, con spazi e attrezzature adibiti ad hoc, attualmente il trend è in crescita; autonomi che operano senza partita iva, arrotondando le entrate con corsi saltuari, anche qui il fenomeno è molto diffuso, soprattutto per la Latte Art, disciplina facilmente spendibile e accattivante;
b) dipendenti di aziende, spesso come responsabili della formazione, non in gran numero ma trend in crescita;
c) liberi professionisti con partita iva, senza struttura propria, spesso collaboratori di aziende.
..ma vediamo dove sta andando questo trend.
Da diversi anni la situazione è chiara: molti Trainer hanno iniziato freelance, poi sono passati ad aprirsi delle scuole, dei centri di formazione, delle strutture ad hoc, ma queste strutture hanno un costo: affitti, elettricità, materiali di consumo e… tasse inerenti la struttura stessa.
Il passaggio da un’attività part-time ad un’attività stabile non è semplice, prevede un continuo introito, analisi dei costi, promozione, ecc. un po’ quello che succede quando si apre un Bar, anche qui fin quando la domanda supera l’offerta nessun problema ma quando aumenta la concorrenza iniziano i problemi.
Nello stesso momento le società legate al mondo del caffè hanno maturato la consapevolezza che un consulente a supporto dell’attività sia quasi obbligatorio, le aziende più grandi riescono ad averlo interno, come dipendente, salvaguardando il rapporto di fiducia alla base di una collaborazione seria, le aziende più piccole condividono lo stesso trainer o si appoggiano a delle scuole, anche qui considerando la serietà e la fiducia, e magari la territorialità.
Territorialità è un “valore” importante sia per gli operatori locali, come le torrefazioni che vedono nel trainer anche un ambasciatore dell’azienda stessa verso i propri clienti, sia per quelli più grandi che necessitano della vicinanza e quindi della disponibilità del proprio trainer che, a volte, è costretto a trasferirsi per mantenere il lavoro. Molto apprezzata inoltre è la conoscenza di una o più lingue straniere, anche le aziende più piccole oggi hanno una parte del fatturato al capitolo export.
Altre caratteristiche che danno valore aggiunto al formatore sono la conoscenza della materia (ma vah!), i titoli acquisiti, le certificazioni conquistate, ecc., ma personalmente do molta più importanza al carattere, all’adattabilità, alla relazione con le persone, alla pazienza, e tra questi un aspetto che mi preme sottolineare è il controllo della megalomania.
Il trainer come il barista è megalomane, chi più chi meno, ma il fatto stesso di essere a proprio agio nel fare continuamente il proprio lavoro di fronte a delle persone indica che prova piacere nel farlo, come un attore durante uno spettacolo, il rischio è quello di sfociare in un’esaltazione di se stesso e non in un trasferimento e conseguente assimilazione delle informazioni.
Facendo una sintesi: negli ultimi anni sempre più baristi sono diventati trainer, non tutti sono o sono stati all’altezza ma, spinti dall’impulso dell’apparire e dalla crescente domanda, hanno aperto strutture ad hoc e proposto corsi formazione; nel contempo sempre più aziende hanno inserito o creato la stessa figura fidelizzandola in qualche modo, diminuendo la richiesta di servizio a queste scuole e proponendo la loro ai propri clienti.
La mia visione è che nei prossimi anni avremo meno scuole ma di migliore qualità, molti formatori (e scuole che non tostano caffè) legati ad aziende, alcuni formatori che per esperienza o per titoli avranno guadagnato l’appellativo di “personaggio” e continueranno a fare formazione ed eventi in modo trasversale. La domanda si orienterà inevitabilmente almeno per l’80% sul proprio fornitore, magari fino ad un livello basico o superiore, quando necessiterà di una formazione più specializzata avrà la conoscenza e la consapevolezza per scegliere.
Concludendo io vedo il futuro molto roseo: più offerta formativa, meglio strutturata e più diffusa, più domanda e più consapevole, questo porterà a far sì che la formazione della materia caffè non sia vista più come qualcosa di inutile o elitario, o lontana da raggiungere (anche per distanza), e il caffè come fratello povero della miscelazione, ma bensì qualcosa di normale, senza la quale non ha senso aprire un bar… e il barista non sarà più la traduzione in italiano di barman.